
Un presente nero, un futuro ancora più fosco per l’ospedale di Pergola. A parlare il segretario del sindacato medico Anpo (Associazione nazionale primari ospedalieri) Francesco Gammarota, dal 2017 primario della chirurgia pergolese. Dopo l’assemblea pubblica dei giorni scorsi, in cui il medico ha fornito dati sul depotenziamento della chirurgia, passata da circa 1300 interventi di media e alta complessità ai nemmeno 200 del 2018, il sindacalista tratteggia un quadro preoccupante per il Santi Carlo e Donnino, dove a giorni inizieranno i lavori programmati dalla Regione.
Qual è la situazione dell’ospedale di Pergola? «Come segretario Anpo dell’area vasta 1 – esordisce Gammarota – rilevo che l’attività chirurgica è stata azzerata col trasferimento a Urbino dell’intero reparto di chirurgia. Io sono stato trasferito a Urbino con un solo chirurgo, il resto della mia equipe è stata smantellata, disperdendo purtroppo la professionalità di operatori eccellenti. Insomma, con la giustificazione dei lavori, hanno cancellato l’equipe chirurgica e un intero reparto. I numeri parlano chiaro: l’indice di abbandono della nostra chirurgia da parte dei suoi pazienti è già altissima, solo il 10% del bacino d’utenza dell’ospedale di Pergola sta continuando a venire ad Urbino, mentre l’altro 90%, a seconda della collocazione geografica del paziente, preferisce l’ospedale di Fabriano o di Fano. Pensi che nella prossima seduta operatoria ho in programma solo due ernie e nella scorsa seduta ho operato una colecisti e un ernia».
Era possibile realizzare i lavori senza chiudere? «Avevo chiesto all’Asur di realizzare i lavori prima al secondo piano, dove c’è un’area chirurgica, e di lasciarmi lavorare nella sala operatoria al terzo piano. Finiti i lavori al secondo piano, li avrebbero iniziati al terzo piano e, nell’interesse della sanità e dei pazienti, non avrebbero chiuso alcun reparto. Così è stato fatto in altri ospedali della regione, dove i lavori sono avvenuti senza chiusure. A tale richiesta, da me ufficializzata nei verbali della unità di crisi e in quelli delle riunioni dipartimentali, è sempre stato opposto un secco no».
Hanno però promesso di riaprire nel 2020? «Si, ma nel frattempo cosa rimarrà? La chirurgia – prosegue Gammarota – sarà distrutta e il bacino d’utenza perso. L’unico risultato ottenuto sarà stato quello d’aver tolto i numeri all’ospedale di Pergola per portarli a Urbino».
Nel nuovo piano sanitario la regione prevede per Pergola lo status d’area disagiata o particolarmente disagiata, che ne pensa? «Nulla di buono. La previsione di area particolarmente disagiata è tutt’atro che irrilevante perché comporterà la fine dell’ospedale, con la perdita del suo personale che sarà inviato a turni dall’ospedale più vicino, ma anche della chirurgia che sarà ridotta a day surgery. Peraltro, le promesse di potenziamento non sono mai state mantenute e la chirurgia a ciclo continuo è già stata ridotta a ciclo breve senza nemmeno una determina. Con l’area particolarmente disagiata, Pergola sarà definitivamente castrata. La gravità della situazione è evidente, possibile che me ne accorga solo io e pochi altri?».
In sintesi, quale futuro per l’ospedale di Pergola? «Se leggo gli atti della Regione il futuro non è roseo. Nella delibera di giunta regionale 1554 del 2018, inviata al governo per la ricognizione delle strutture ospedaliere regionali, l’unità chirurgica di Pergola – conclude Gammarota – è già stata cancellata».
Nessuna risposta a “Primario dell’Ospedale di Pergola: “Attività chirurgica penalizzata da scelte scellerate””